Articolo scritto da: Angelo Baggini
Se il contesto ambientale è di interesse mondiale, il contesto energetico è di particolare interesse per quelle regioni povere di fonti energetiche primarie.
Unione Europea e Italia rientrano certamente in quest’ultima categoria e la guerra d’Ucraina lo ha ricordato anche a quanti se lo erano dimenticati.
L’UE produce il 39% del proprio fabbisogno energetico, importandone il restante 61%. Il mix energetico è composto da petrolio (36%), gas naturale (22%), energie rinnovabili (15%) e nucleare (13%). L’Europa importa l’83,5% della domanda di gas naturale, mentre ne produce internamente solo lo 16,5%.
La carenza di fonti energetiche primarie è stato addirittura il primo collante dell’EU che è nata dalla Comunità europea del carbone e dell’acciaio (CECA) creata col Trattato di Parigi del 18 aprile 1951 su iniziativa dei politici francesi Jean Monnet e Robert Schuman, del cancelliere tedesco Konrad Adenauer e del primo ministro italiano Alcide De Gasperi.
Lo scopo era di mettere in comune le produzioni di queste due materie prime in un’Europa di sei paesi: Belgio, Francia, Germania Occidentale, Italia, Lussemburgo e Paesi Bassi. All’epoca carbone era praticamente sinonimo di energia. La massa critica dei fondatori li avrebbe messo più al sicuro dei capricci del mercato internazionale un elemento strategico per lo sviluppo.
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