Articolo scritto da: Francesco Caltagirone
La concorrenza sleale rappresenta un tema di centrale importanza nell’ambito del diritto commerciale, disciplinando le condotte illecite che, nell’esercizio di un’attività economica, danneggiano o ledono gli interessi altrui. L’articolo 2598 del Codice Civile italiano costituisce il fulcro normativo in materia, vietando atti di concorrenza sleale “che siano contrari ai principi della correttezza professionale e idonei a recar danno ad altri”.
La giurisprudenza ha elaborato nel tempo un ricco panorama di fattispecie tipiche di concorrenza sleale, tra cui atti di confusione, per imitazione servile dei segni distintivi altrui (marchio, denominazione), riproduzione parassitaria dell’altrui opera protetta dal diritto d’autore, sfruttamento indebito della notorietà altrui. Si aggiunga altresì lo storno di clientela o dei dipendenti, nonché la pubblicità menzognera, con la diffusione di informazioni false o ingannevoli sui prodotti o servizi propri o altrui. Ulteriore esempio è da ascriversi nella disimulazione di concorrenza, con l’assunzione di comportamenti che, pur non configurando atti di concorrenza sleale in senso stretto, mirano a creare l’apparenza di una concorrenza inesistente.
Accanto a tali fattispecie tipiche, la giurisprudenza ha riconosciuto l’esistenza di condotte atipiche di concorrenza sleale, ossia di comportamenti che, pur non rientrando in alcuna categoria predefinita, violano comunque i principi di correttezza professionale e recano danno ad altri. Innumerevoli sono le pronunce giurisprudenziali che hanno affrontato casi di concorrenza sleale. Tra le condotte più significative di concorrenza sleale vi è la cd. concorrenza sleale per denigrazione, che si configura, secondo una recente pronuncia della Suprema Corte, anche se la denigrazione non è resa pubblica e nei confronti di un solo cliente (Cassazione civile sez. I, 12/02/2020, n.3453).
D’altronde la Suprema Corte si era già più volte pronunciata in tema di concorrenza sleale per denigrazione sostenendo, tra l’altro, che l’illecito denigratorio sussiste anche nell’ipotesi di diffusione di notizie circa l’ottenimento di un decreto ingiuntivo nei confronti di un concorrente, con il quale si erano intrattenuti rapporti commerciali “tanto più ove detta notizia sia direttamente indirizzata a clienti del medesimo e sia omesso di corredare la notizia con tutti gli elementi che consentano l’esatta comprensione dei fatti, inclusa la pendenza del giudizio di opposizione”.
La materia è certamente complessa, ma è importante per un imprenditore comprenderne i contorni, assieme ad un avvocato che ben preparato, così da potersi tutelare nei confronti di chi opera nel mercato in spregio ai dettami codicistici ed ai principi della correttezza professionale.